La nostra risposta alla vostra miseria!

Comunicato del Laboratorio Abitare Aion sull’Università Roma Tre

Ci troviamo a scrivere questo breve documento perché sentiamo di avere una responsabilità: quella di reagire!

Camminiamo per le strade di San Paolo, un territorio devastato dalla nascita e continua espansione dell’Università di Roma Tre. Molt* di noi sono iscritti alle diverse facoltà che nascono come funghi, ma il tempo per poterci stare al meglio è sempre meno. Ci barcameniamo tra lavoretti precari e sfruttamento perenne, affitti in nero esorbitanti e la casa dei genitori, servizi di trasporto sempre più cari e sempre meno efficienti. La scelta è tra affittare una stanza nelle periferie e spendere tempo e soldi per muoversi da una parte all’altra della città oppure affittare a 100 euro in più vicino all’università; Farsi venire l’ulcera tra un lavoro di merda e l’altro o farla venire ai nostri genitori che si indebitano sempre di più per pagarci gli studi. Oppure meglio ancora sarebbe non iscriversi per niente all’università e buttarsi subito subito nel carnaio della disoccupazione.

Eh sì, perché mentre diminuisce il tempo per lo studio aumenta l’amara consapevolezza che questa tarantella è soltanto un girare a vuoto. L’università ha perso per sempre il suo ruolo di ascensore sociale. Ci stritola nella morsa della bassa formazione (proliferare di corsi frammentati, dequalificati e non spendibili nel mondo del lavoro) e la non accessibilità (aumentano le tasse, gli sbarramenti all’ingresso e i percorsi di eccellenza) e ci costringe nel baratro della formazione perenne. La definiamo “azienda” non solo perché i privati possono entrare nei consigli di amministrazione, ma perché si fa essa stessa macchina precarizzatrice. Il sapere è messo a servizio della produzione e lo studente non è più soltanto un precario in formazione ma un lavoratore non pagato a tutti gli effetti.

Quella di Roma Tre poi è la classica università vetrina, che ha fatto dell’apparenza e delle bugie la sua unica politica. Siamo rimast* sbalorditi davanti un servizio di Costume e società (rubrica del tg2 dedicata agli approfondimenti all’attualità) che snocciolava le innumerevoli agevolazioni agli studi, la straordinaria efficienza dei servizi di Laziodisu, l’ottimo sugo per la pasta della fantastica mensa. Già peccato che le tasse aumentano ogni anno di più, i fondi per le borse di studio non bastano e anche chi risulta idoneo nelle classifiche di fatto non può usufruirne, la mensa è una sola, lontana praticamente da tutte le facoltà e conveniente solo per chi rientra nella prima fascia iseeu, i pochissimi alloggi (piccole gabbie in cui è obbligatorio tornare entro le 24 e mostrare sempre il documento ) stanno fuori dal raccordo e sono comunque a pagamento, i concorsi per accedere a questi servizi sono una trappola burocratica mirata all’ulteriore scrematura dei richiedenti. Le ciliegine sulla torta l’agenzia degli affitti di Roma Tre e la card “Me lo merito” destinata ai giovani residenti più bravi e belli e che prevede riduzioni in base al reddito e alla media universitaria! E i nostri cari rettori e ministri ci vengono anche a parlare di merito! ma la verità è che noi ci meritiamo tutt* tutto e loro invece soltanto un bel calcio nel culo!

Altr* di noi sono già usciti dall’università e si ritrovano precari, laureati, super specializzati, dottorati, masterizzati, molto incazzati, disoccupati, cassaintegrati. Non abbiamo mai avuto il “privilegio” di un contratto sicuro di lavoro, non abbiamo mai visto un sussidio e probabilmente non vedremo mai una pensione. Lavoriamo per pochi spiccioli all’ora e sempre più spesso svolgendo una professione che non ci compete, senza diritti e con tanti doveri, siamo stufi di accontentarci, di tirare a campare portando a casa un po’ di pane da condividere con i nostri coinquilini, e si perché vivere da soli anche dopo gli studi è oramai un lusso come lo è permettere di tirare su una famiglia. Siamo stati accusat* dai politici di turno di essere “bamboccioni” , “l’Italia peggiore” perché precaria , “sfigati” che si laureano tardi e si ostinano a ricercare un posto fisso in fondo “monotono” e di essere “choosy” nella scelta del primo lavoro.

Da qualche anno squallidi governanti, tecnici indesiderati, eccelsi giornalisti e grandi imprenditori ci raccontano che “siamo in crisi” e proprio su questa formuletta costruiscono l’immaginario della rassegnazione e del sacrificio spianando il terreno alle misure di Austerity e alle condizioni necessarie per mantenimento del loro stesso potere. Nel frattempo vediamo avvicinarsi come un blob le elezioni e la grande stagione di campagna elettorale e sappiamo già che di cazzate ne sentiremo tante. E alla corsa frenetica verso le poltrone e gli orticelli di micropotere parteciperanno in tanti, anche quei compagni che dicono di scendere in strada in nome della libertà e guardando alle mobilitazioni europee di Spagna, Grecia e Portogallo.

Ma quello che ci raccontano le piazze europee va in tutt’altra direzione. Ci dicono chiaramente che il tempo delle elezioni è finito, che le forme organizzative del partito e del sindacato non funzionano più e che è necessario ripartire dalla sperimentazione di una nuova cooperazione sociale e un nuovo spazio costituente. Ci mostrano un altro modo di stare per le strade e che nell’Europa delle banche e oggi è ancora possibile uno sciopero sociale, generale, imponente e determinato.

Ci sembra però che anche intorno a noi qualcosa si sta muovendo e delle possibilità si stanno esprimendo. Negli ultimi giorni abbiamo visto studenti, precari, operai dare una risposta compatta e determinata alla buffonata del vertice italo-tedesco sulla precarietà accroccato dai ministri Fornero e Profumo a Napoli. Abbiamo partecipato all’occupazione dell’ex Cinema America di Trastevere e alla 4 giorni di Ripubblica, uno spazio aperto di discussione su beni comuni, riappropriazione, e un nuovo modo di pensare il pubblico; Lo guardiamo vivere ancora in questi giorni grazie agli student* e i giovan* del quartiere. Abbiamo partecipato alla giornata di mobilitazione europea del 14 novembre dando vita ad uno spezzone di student* delle scuole e dell’università, precar* e realtà sociali che ha bloccato l’ostiense ed è confluito nel concentramento di Piramide. Abbiamo sanzionato banche ed agenzie interinali e camminando verso il Parlamento gridato molto chiaramente che a noi davvero non ci rappresenta nessuno. Tutto il nostro disprezzo lo sputiamo in faccia alle forze dell’ordine che hanno caricato e spaccato il corteo, picchiato studenti e rastrellato i vicoli di Trastevere; Tutta la nostra forza va a chi è stato ferito, identificato ed arrestato.

Ma queste non sono le uniche ragioni per cui siamo tornati a casa con l’amaro in bocca: ci rendiamo conto oggi più che mai che la strada verso un vero sciopero sociale è ancora lunga. Ci ritroviamo di nuovo a dire che nel momento in cui pubblico e privato si mostrano come due facce della stessa medaglia capitalistica non possiamo più scendere in piazza in difesa dell’università pubblica. Di nuovo a sostenere che se le lotte studentesche ed universitarie non allargano il loro raggio di azione, se non ribadiscono la loro connotazione antisistema e non aspirano fortemente all’indipendenza non avranno lunga vita. Se non la pratichiamo fin da subito questa nuova cooperazione sociale, se non immaginiamo un modo diverso di fare la politica, di stare nelle assemblee e per le strade siamo destinati a sconfitte ben più pesanti. Invece di perdere noi non abbiamo nessuna voglia.

La nostra risposta allo spauracchio della crisi, all’illusione delle elezioni, all’arretramento dei movimenti non può che essere una sola: la rottura e l’ambizione della durata! Se ci chiedono un affitto occupiamo una casa, se aumentano i biglietti dell’Atac saltiamo i tornelli, se distruggono l’università riconquistiamo il sapere, se ci strangolano nella morsa del lavoro ci prendiamo tempo e reddito. Se non abbiamo nulla ci riprendiamo tutto.

Camminiamo insieme ai movimenti resistenti che oggi ci regalano sorrisi di dignità e speranza. Come i cittadini e i lavoratori di Taranto diciamo che “vogliamo vivere” e come la Val di Susa gridiamo “A’ sarà dura”!

Laboratorio Abitare Aion

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