Più della metà della popolazione mondiale vive in centri urbani di grandi dimensioni. Non c’è bisogno di spendere troppe parole per spiegare perché definiamo “giungla” la metropoli contemporanea, Roma in particolare. L’urbanistica, o al contrario l’assoluta mancanza di una progettazione del territorio diversa da quella più funzionale ai grandi costruttori, ha assecondato la polarizzazione delle condizioni di vita tra chi banalmente ha i soldi e chi non ne ha. I primi possono permettersi di vivere nei quarti…eri della città consolidata, quella ben servita dai mezzi di trasporto pubblico, ricca di parchi, scuole, ospedali, centri anziani e biblioteche. I secondi fanno acrobazie per pagare mutui e affitti. Sempre a rischio insolvenza o morosità, spesso senza contratto, in subaffitto o coabitazione, ai margini della città dove anche la farmacia è un lusso. Il delirio costruttivista dei palazzinari ha disegnato una città senza confini che straborda indebitamente nei territori dell’agro-romano, dove anche i nomi delle strade, ad esempio “via meglio di niente” a Ponte di Nona, rispecchiano la assurda filosofia su cui si fondano i nuovi quartieri. Nulla di nuovo sotto al sole di una città dove la politica ha da sempre un solo colore, quello del cemento.