Dopo la passeggiata in Clarea, liber* tutt*

Venerdì notte abbiamo salutato l’alba del 20 Luglio nella passeggiata in Clarea contro la prepotenza e la violenza sistematicamente organizzata dalle truppe di occupazione dello stato italiano nella Val Susa, con un pensiero continuo nella mente che non potrà mai scomparire dalla memoria di chi ha vissuto le giornate di rivolta contro la globalizzazione neoliberista a Genova nel 2001, con la morte di Carlo Giuliani assassinato dal fuoco dei carabinieri, mano armata dell’oligarchia della governance mondiale che in quei giorni riuniva i capi di stato degli 8 “grandi” porci e maiali della terra.

Una passeggiata notturna di lotta nei boschi della Val di Susa da più di vent’anni mobilitata contro il folle progetto del treno merci Torino/Lione. Una manifestazione legittima quella di venerdì sera che interessava necessariamente e inderogabilmente quello che lì in Valle è il problema, il non cantiere, il fortino del progetto treno alta velocità Torino Lione. Non è certo questa la sede per spiegare ciò che abbiamo già detto e i Valligiani meglio di noi, con calma e delle volte anche urlato nelle piazze, nella manifestazioni e sulle barricate quando era necessario, ovvero le ragioni specifiche e generali, tecniche e politiche del perché quella del Tav sia un’opera inutile, strutturalmente legata alla speculazione e agli interessi dei soliti noti gruppi di potere che dal Pd e PdL si spartiscono le risorse pubbliche nelle truffe,  nel consociativismo, nella perpetua e sistematica corruzione.
Prima dicono con retorica giornalistica che la Valle soprattutto nell’ultimo ciclo di lotte era e rimane schiacciata su una dimensione “partigiana” della popolazione locale: il particolare che prevaleva sull’interesse generale, “l’egoismo localistico” contro le grandi e globali esigenze del mercato neoliberista, particolarità contrapposte alla supposta collettività, insomma una piccola parte di territorio ribelle contro il resto della penisola , invece a dir loro, commossa ed entusiasmata dal sol dell’avvenire del treno merci più veloce d’Europa. Poi però quando nella Valle accorrono da tutta Italia, delegazioni e poco più, di compagni attivi nei nodi solidali alla battaglia no tav dislocati su e giù per la penisola e quindi si testimonia – come se ancora ce ne fosse bisogno come se non fossero bastate le tante manifestazioni che nel biennio 2011/2013 sono state organizzate a migliaia in diverse città – che c’è un movimento nazionale a difesa della Val Susa e che la questione non riguarda solo quel lembo di valle ma il destino dell’intero paese viste anche le risorse pubbliche mobilitate, ecco ripartire subito, in automatico il disco rotto della litania sugli infiltrati, black block, brutti e cattivi provenienti da diverse parti del pianeta, da oscuri mondi infestati di fantasmi e complotti insurrezionalisti.

Perché hanno paura? Perché da quel treno partono molte tante ricche variazioni su un tema che fa paura ai padroni e alla corrotta classe politica del governo di solidarietà nazionale Letta/Alfano per gli interessi della Troika. Perché da lì moltitudini organizzate contro il capitalismo neoliberista s’incontrano per costruire un mondo diverso, altro, nuovo, più giusto e lo fanno lottando, strappando un centimetro alla volta sul campo e delle volte con l’esercizio e uso legittimo della forza collettiva, della resistenza di un’intera popolazione.

Perché nella profonda e sistemica crisi economica, complessiva di un intero ciclo di accumulazione e valorizzazione capitalistica, al centro del flop della finanziarizzazione dell’intero ciclo economico, dell’intero processo produttivo, fin’anco della vita, del welfare e dei beni comuni, dell’acqua come del suolo, nella progressiva precarizzazione e impoverimento di sempre più vasti settori sociali, incrociando momenti di lotta e assemblee, spazi di cooperazione e di autorganizzazione, accade che i movimenti per il diritto all’abitare incontrino insieme agli studenti e al precariato sociale e giovanile i comitati No tav e le realtà in lotta per la difesa dei beni comuni e che insieme rilancino un percorso di lotta nazionale, in connessione e cospirazione con gli appelli alla mobilitazione transnazionale per un autunno prossimo di lotta e di conflitto. Un percorso, quello verso l’autunno, che si sta delineando con una settimana di mobilitazione nel mese di ottobre dove far convergere mobilitazioni coordinate e delocalizzati del 12 per la difesa dei beni comuni proseguendo con appuntamento transnazionali di sciopero sociale  del 15 fino allo sciopero del sindacalismo di base e conflittuale del 18 e alla manifestazione nazionale a Roma del 19 ottobre contro le politiche di austerity.

Tanto è stato fatto ma molto c’è ancora da fare per costruire dei dispositivi pubblici e reali di allargamento e convergenza verso queste settimana, che non vuole essere esclusivamente un calendario di iniziative, ma il lancio reale nei territori di un’alternativa di lotta autonoma ed indipendente che sappia essere all’altezza della crisi che stiamo subendo.  La nostra scommessa sta proprio in questo, costruire degli spazi e dei luoghi di ricomposizione delle tante vertenze sociali e lavorative che stanno attraversando la penisola. Nessuno può considerarsi autosufficiente in questa fase politica. Per questo abbiamo bisogno di una variabile indipendente che riesca a connettere le lotte dei precari, disoccupati e dei cassintegrati con le battaglie di difesa dei beni comuni, dei migranti e dei studenti. Una settimana di iniziative che veda come baricentro delle proprie rivendicazioni il reddito di base e diritti dentro ed oltre il lavoro come orizzonte di conflitto da praticare e da mettere al centro della nostra azione quotidiana attraverso l’occupazione delle case, le autoriduzioni, la riappropriazione del welfare, l’occupazione e l’autogestione dei luoghi di lavoro.

Hanno paura nemmeno a dirlo anche di questo.

Accade però che esercito, polizia, carabinieri, finanza e per giunta la magistratura a legittimare in pectore la repressione e la tortura sistematica con i pestaggi, le intimidazioni, i palpamenti di questi balordi in divisa contro i nostri compagni e compagne, scelgano la strada scellerata della mattanza perché quello hanno tentato in definitiva di fare, impedito solo dalla capacità collettiva da parte dei compagni e compagne presenti di tenere il punto e gestire in emergenza una difficile situazione. E già perché le truppe di occupazione hanno fatto un certo salto di qualità, non solo hanno deciso, e lo avevano già fatto in precedenza, di uscire dal fortino in Clarea ma anche e soprattutto hanno scelto di chiudere con un’operazione a tenaglia i manifestanti in un imbuto che li ha costretti a resistere finchè si è potuto e poi a fuggire in pericolosi sentieri e scarpate tutt’intorno al fortino alle sue truppe di occupazione.

Accade così che due nostri compagni e fratelli siano in prigione insieme ad altri rastrellati e pestati durante gli scontri dell’altra
notte. Nemmeno a dirlo, siamo al loro fianco e ci batteremo con ogni mezzo necessario per una immediata e incondizionata libertà per loro e per tutte e tutti coloro che sono rinchiusi ingiustamente nelle patrie galere e privati della propria libertà.

Nodo editoriale indipendente

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