Ciao Clément, il miglior omaggio è continuare le lotte

 

“Bonheur à ceux qui vont nous survivre et goûter la douceur de la
Liberté et de la Paix de demain”

(Missak Manouchian)

 

L’omicidio di Clément  Méric, 18enne militante antifascista parigino, impone alla Francia una riflessione su quanto il vento della crisi stia portando la propria società sul piano inclinato dell’identitarismo e del consenso a proposte politiche autoritarie e nostalgiche.

Già il 15 maggio il presidente Hollande si è dovuto difendere dalle bordate mediatiche per i primi segnali di recessione (-0,2% del PIL), contestualmente alle critiche mosse all’esecutivo di centro-sinistra per la legge a favore del matrimonio “per tutti”, ovvero il riconoscimento delle nozze tra omosessuali. I due fatti non sono scollegati: da una parte abbiamo un paese che da decenni si confronta con tensioni interne fortissime, tra centri metropolitani eperiferie, tra cittadini di provenienze nazionali differenti e conflitti
interconfessionali. Fino ad ora il tradizionale centralismo e l’ipertrofico sistema di tutela pubblica avevano parzialmente alleviato le fratture, ricorrendo spesso e volentieri alla retorica legalitaria e all’uso della forza pubblica per limitare le emergenze al chiuso delle banlieues e dei ceti sociali più poveri.

Oggi, con la recessione alle porte, le vecchie paure della “France profonde”, di quella provincia bianca, cattolica e rurale, tradizionalista e xenofoba, entrano a gran forza nelle città: Parigi, Lione, Lille, Tolosa sono investite da una rinnovata fascinazione per i molti gruppi di estrema destra e per la figura decisamente carismatica di Marine Le Pen, a capo di un Front National il cui consenso, dopo gli anni di sussunzione “sarkozyana”, è arrivato ad oltre il 17% alle ultime presidenziali. Il miglior risultato di sempre. La cittadinanza impaurita dal possibile disastro sociale che già vede dispiegarsi tra i PIGS alza gli steccati dell’identità, cerca di blindare le risorse pubbliche a proprio favore, secondo i principi escludenti della preferenza nazionale.
L’approvazione di un importante diritto civile come quello al matrimonio gay viene messo in discussione tanto come attacco ad un principio di società eterocentrica e tradizionale, quanto come punto di agenda politica considerato non prioritario di fronte alle dismissioni industriali e ai primi tagli di spesa ai servizi.

Come ben sappiamo in Italia, quando l’austerity diventa governo della paura e l’estrema destra è in grado di assorbire parte del malcontento sociale, questa facciata pubblica crea l’ombra nella quale si rafforza il neofascismo. Le piazze contro il “matrimonio per tutti” si sono animate di una radicalità probabilmente in Francia assente dai tempi della guerra d’Algeria e dell’OAS. Con il suicidio il 21 maggio dell’intellettuale
nazista Dominique Venner, ricordato con affetto anche dagli italiani di Casapound, l’estrema destra ha goduto di una visibilità che ha speso
immediatamente negli scontri il sabato successivo in coda ad una partecipata mobilitazione sulla questione delle nozze omosessuali. Solo negli ultimi mesi a Parigi e in tutta la Francia gruppi più o meno organizzati di fascisti avevano attaccato compagni, omosessuali (è di ieri la notizia di un raid a Lille contro un bar gay-friendly) e riaperto le tensioni  islamofobe, con l’organizzazione Génération Identitaire che a Poitiers
in ottobre occupava il cantiere di una nuova moschea. A Tolosa un raduno neonazista è in programma per il prossimo fine settimana, con una mobilitazione antifascista già convocata.

Insomma, l’omicidio di Clément Méric non cade dal cielo. I suoi autori, militanti della Jeunesses Revolutionaires Nationalistes, fanno parte di una organizzazione storica, già attiva negli anni Ottanta e che oggi rappresenta il legame più forte con Casapound in Francia. Anche la Francia, come già avviene in Grecia e in parte in Spagna e Italia, sta cedendo alle pulsioni più basse della pancia del paese, legittimando una società fatta di recinti e discriminazioni, di prevaricazione e squadrismo fascista.

Ci troviamo a piangere un attivista di appena 18 anni, senza aver ancora asciugato le lacrime per Abdullah Comert, assassinato pochi giorni fa in Turchia dalla repressione:  a ucciderli per noi è stata la stessa mano, che abbia la divisa o una celtica al collo. A muovere entrambi era il nostro
stesso desiderio di libertà e dignità. Tutti o nessuno, tutto o niente. Il nostro miglior omaggio è continuare le lotte.

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