Decine di perquisizioni nelle case di No tav torinesi e del comitato popolare di Bussoleno oltreche nel locale La Credenza,sempre di Bussoleno, storico ed simbolico luogo della lotta NoTav dove nacque il primo comitato popolare della lotta contro l’alta velocità. Perquisizioni e 12 avvisi di garanzia mossi, per la prima volta nella storia del ventennale movimento No tav, dall’infame articolo 280 comma 1.
“Attentato con finalità terroristiche ed eversive” è la nuova formula egregiamente costruita ad hoc dalla magistratura torinese in combutta con gli interessi economici dei partiti “democratici” per colpire chi a testa alta porta avanti la difesa del futuro della valle e della sua popolazione, oggi esperienza comune di resistenza contro la devastazione e la speculazione finanziaria sui territori.
Una becera operazione di ingegneria repressiva che suona come una mera e sterile provocazione ed intimidazione, evidente segno di debolezza di un sistema che sta sul punto di crollare, che ha perso definitivamente legittimità di fronte a un movimento che, oltre ad essere emblema di progettazione e costruzione di lotta e conflitto su tutto il territorio nazionale, trova la sua peculiare forza nella partecipata, eterogenea e sinergica complicità contro l’impoverimento e la distruzione insensata delle risorse collettive.
Chiara, dunque, l’intenzione della procura e della magistratura con perquisizioni accurate volte a sequestrare, tra l’altro, il materiale difensivo del maxi processo che da due anni a questa parte si svolge nella famigerata aula bunker del carcere Le Vallette di Torino.
Continuità ed estensione del conflitto, forse sono queste le paroline che fanno male ai poteri forti. Un movimento che non solo ha capito bene cosa si cela in realtà dietro il cantiere del tunnel geognostico di Chiomonte, ma che ne ha saputo trarre lezioni per un coinvolgimento attivo di esistenza e resistenza popolare, una collettiva lettura critica contro un modello di sviluppo che vuole garantire la miseria di molti e i profitti di pochi.
L’escalation repressiva che sta colpendo da alcuni mesi il conflitto No tav (ma in realtà tutto il territorio nazionale – basti pensare alle 8 udienze fissate nei prossimi tre mesi per il processo del 15 ottobre 2011) ha delle responsabilità politiche ben definite.
Forse a lor signori dà fastidio il susseguirsi di momenti e spazi di condivisione e cooperazione che cercano un agire comune, una lotta ed una rotta indipendente che sia all’ altezza della crisi che stiamo, fin troppo, tollerando.