Comunicato del progetto Neetbloc dopo lo sgombero dell’occupazione del deposito Atac
Il 7 Aprile durante l’ultimo Tsunami Tour dei movimenti per il diritto all’abitare e contro le politiche di austerity, l’avevamo detto: non sarà uno sgombero a fermarci, torneremo ad occupare.
E così, ieri 21 Maggio, siamo tornati ancora più determinati di prima per prendere posizione contro le politiche che il governo neoliberista di Renzi, emblema di una dittatura post-democratica, sta mettendo in atto sulle nostre teste.
Parliamo degli infami decreti appena approvati, il cosiddetto “Piano Casa” che sancisce la fine del diritto all’abitare già da tempo sotto attacco, e il DL Poletti, prima parte del tanto discusso “Jobs Act”, che legisla ed istituzionalizza la precarietà infinita e a vita nell’attuale mercato del lavoro.
Figlia di quella logica che fa dell’emergenza sociale l’ennesimo business su cui speculare, vogliamo porre l’attenzione sulla fantomatica Youth Guarantee (garanzia giovani), un piano europeo di politiche attive di sostegno alla disoccupazione giovanile che si tradurrà nel finanziamento di enti privati nel settore della formazione. Attraverso tirocini e free job, ovvero lavoro volontario, il cui unico orizzonte sarà un lavoro sottopagato o addirittura gratuito, come dimostra il mostro dell’Expo 2015.
In questi anni di governi tecnici hanno provato in tutti i modi a convincerci che la crisi fosse una colpa di cui farci carico, chiedendoci di sottopporre le nostre vite a sempre più sacrifici mentre la governance italiana ed europea continua a sperperare risorse in opere inutili come il TAV o negli sprechi e tangenti che portano oggi una città come Roma sul baratro del commisariamento. Hanno prodotto narrazioni tossiche, lontane dalla realtà concreta e dalle contraddizioni che i precari vivono ogni giorno, additandoci come bamboccioni, choosy e, ad oggi, inventando di sana pianta un soggetto statistico chiamato “NEET”, “Not in Education, Employment, or Training“, ovvero soggetti fuori da percorsi di formazione e/o inoccupati, descritti come nullafacenti e mammoni. Precari che il più delle volte sono costretti a lavoretti di merda, in nero, fuori da qualsiasi meccanismo di tutela, e che se anche volessero non potrebbero permettersi di studiare, come dimosta il numero crescente degli abbandoni universitari. Soggetti che scelgono di non rinchiudersi necessariamente nella gabbia sociale di quel lavoro che li trasforma in pezzi di carne sempre sostituibili, come ci racconta tristemente la morte di Antonio, un lavoratore di Eataly, su cui i suoi colleghi hanno voluto prendere parola inviando lettere anonime e chiedendo di aiutarli a fermare il mostro chiamato precarietà.
È per questo che oggi vogliamo tenere il punto sulla necessità di creare spazi della narrazione precaria, dell’autorganizzazione di lotte che partano da bisogni e desideri, della difesa collettiva dai soprusi che subiamo ogni giorno, costretti a una solitudine usata come dispositivo di controllo del dissenso, spazi che sappiano agire libertà di movimento per tutte e tutti, garantiti e non, in un epoca in cui l’unica riposta che le istituzioni sanno dare è quella repressiva, costruendo assurde accuse come quelle di terrorismo agli attivisti No TAV – destinate come si è visto ad essere smontate pezzo per pezzo – o costringendo a misure cautelari esponenti dei movimenti per il diritto all’abitare, per il solo fatto di aver continuato a mettere la faccia nelle lotte che coinvolgono migliaia di persone che hanno deciso di riprendersi una casa.
Ieri la città ha dunque risposto in maniera congiunta e determinata agli infami arresti di martedì e lo ha fatto nell’unica maniera che conosciamo meglio, quella del conflitto e della presa di parola pubblica. Ieri abbiamo dimostrato che gli ultimi sgomberi subiti non sono bastati a fermare la rabbia e la volontà di conquistare metro dopo metro, a spinta se necessario, pezzetti di welfare che quotidianamente ci vengono sottratti.
Lo stesso spazio occupato ieri non è stato frutto di una scelta casuale: tre anni fa i movimenti per l’abitare avevano già tentato un’occupazione finita dopo alcuni mesi con uno sgombero coatto, nonostante le molte iniziative popolari dedicate al territorio, con la scusante che quello stesso stabile sarebbe stato impiegato per un uso sociale. Questa promessa non è stata mai mantenuta, infatti per qualche tempo lo spazio è stato usato come deposito per cassonetti dell’AMA con grande disappunto degli abitanti del quartiere per poi essere nuovamente abbandonato. È evidente la contraddizione che rappresenta uno spazio dalle molteplici potenzialità, tenuto vuoto in un quartiere preda della gentrificazione, un quartiere che negli ultimi dieci anni è stato sconvolto da decine di speculazioni, a partire dalla fabbrica della mercificazione dei saperi chiamata Roma Tre, alla piscina in rovina e mai usata dell’ansa del Tevere, al tempio dell’eccellenza per pochi: Eataly.
Raccontiamo storie tanto reali quanto la grande solidarietà che ieri gli abitanti di San Paolo ci hanno voluto dimostrare, forse memori della bella esperienza che fu il Ninci Sestilio o delle lotte che l’estate scorsa ci hanno visti uniti contro l’occupazione da parte del Pd dell’unico spazio gratuito di aggregazione del quartiere, parco Schuster.
Contro la virtualità dei numeri che vogliono ridurci a statistiche utili solo a spartirsi la ricchezza sociale tra i soliti noti continueremo a rompere gli schemi, invisibili quando vogliamo, fuori controllo.
Torneremo all’ex deposito Atac con un’assemblea pubblica la prossima settimana, così come continuerete ad incontrarci nelle strade e nelle piazze per promuovere il 31 Maggio a Torino un’assemblea nazionale che lancia la manifestazione contro il vertice sulla disoccupazione giovanile dell’11 Luglio.
Ringraziamo tutti i compagni e gli occupanti che come noi ci hanno creduto e hanno sostenuto e difeso Neet Bloc.
Paolo e Luca liberi, Tutti Liberi, le lotte non si arrestano!
Chi è senza futuro, scagli la prima pietra.
Casa, reddito, welfare, diritti per tutti.
Progetto Neet Bloc