Da diversi anni segnaliamo i profondi cambiamenti che hanno trasformato la rappresentanza politica del nostro paese in una delega senza vincoli: mentre cambiano i partiti e, con loro, gli interessi rappresentati all’interno delle istituzioni, le responsabilità verso la cittadinanza continuano a essere disattese in un perverso gioco di scaricabarile che individua nelle fasce più indebolite il nemico di turno.
Limite di tutti/e è stato riconoscere a queste espressioni lo status di “Politica” e lasciare a tutto quello che stava fuori un riconoscimento sempre più marginale.
Una distanza che ha svuotato il senso delle istituzioni stesse, ormai ridotte alla gestione di interessi privati, sempre più lontani dalle realtà dei singoli territori e dalle vite di tutte/i noi che invece in quei territori ci viviamo.Da sempre, la nostra scelta è stata quella di mantenere un ruolo altro rispetto alla rappresentanza politica, cercando la nostra attivazione all’interno del tessuto sociale che, anche attraverso il conflitto, interagisce e agisce sul contesto. Compresi gli organi istituzionali.
Ci siamo confrontati con i governi locali e nazionali a partire dai bisogni e dai desideri di coloro con cui incrociamo ogni giorno le nostre esistenze, scegliendo di schierarci sempre in percorsi dal basso e autorganizzati, consapevoli che i diritti debbano esprimere realtà concrete e non offerte a ribasso giocate nei salottini delle aristocrazie politiche. Ed è a partire da questo punto di vista che abbiamo affermato, ormai diversi anni fa, che la crisi economica e sociale è ormai strutturale e veicolo di politiche reazionarie e liberticide.
Per questo siamo consapevoli che la crisi della sinistra all’interno degli istituti rappresentativi rifletta l’indebolimento di un pensiero politico rivolto alla tutela e alla conquista dei diritti collettivi e della loro voce all’interno di quelle stanze. L’impoverimento economico diffuso è alla base di un impoverimento culturale e chi oggi è stato eletto a governare l’Italia e Roma, ne è un esempio diretto.
All’interno di questa cornice, il 10 giugno saremo chiamati a votare per le elezioni amministrative del Municipio VIII, e a partire dalla nostra riflessione abbiamo immaginato uno spazio di dibattito collettivo con le realtà sociali del territorio e alcune realtà che hanno deciso di candidarsi; nello specifico la lista Potere al Popolo, Super8 e Partito comunista.
Perché a partire da qui?
Perché il territorio è lo spazio pubblico sul quale devono poter decidere coloro che lo vivono ogni giorno in quanto, intrecciando vite ed esperienze in un’attività concreta, ne conoscono meglio di chiunque altro problemi e potenzialità.
Perché i municipi sono gli organi rappresentativi che oggi possono prendere parola e allo stesso tempo devono rispondere dei servizi di competenza comunale e dei rapporti con le municipalizzate, come i servizi educativi, la gestione delle aree comuni, i servizi ecologici, la mobilità e le sperimentazioni di trasporto collettivo sostenibile.
Immaginiamo, quindi, non una tribuna elettorale ma uno spazio di confronto su alcuni temi che nel nostro territorio animano lotte ed esperienze collettive, riappropriazione di diritti e nuove relazioni sociali e solidali.
A partire dalla questione del patrimonio pubblico e della sua gestione, proseguendo sul tema dell’accoglienza e la costruzione di un territorio solidale capace di respingere retoriche e provvedimenti fascisti e razzisti, fino a capire come realizzare una partecipazione diretta nella vita del municipio stesso.
Vorremo capire, muovendoci dai limiti attuali, i punti di forza su cui convergere in un territorio ricco come questo.
Riteniamo utile un dibattito pubblico perché lo spazio collettivo della discussione non finisca alla chiusura delle urne ma sappia proseguire nella costruzione di modelli concreti e innovativi, capaci di trasformare e migliorare la vita del territorio.