Si può parlare di “prigionieri e non di arrestati” dicono i vertici della polizia torinese. “Un gruppo di dissidenti infami e delinquenti” dice il ministro degli interni. “Ci vuole un po’ di scuola Diaz” dice un altro esponente di un partito che deve restituire allo Stato 49 milioni di euro.
Non ci stupisce che, ancora una volta, si sia deciso di affrontare le questioni sociali riducendole ad un problema di ordine pubblico. Non ci stupisce che la politica rispolveri toni giustizialisti e punitivi, salvo poi appellarsi al garantismo nelle occasioni in cui conviene. Non ci stupisce che l’ennesimo spazio di aggregazione, un luogo di socialità dove si tenta di dare risposte alla mancanza dei servizi pubblici, venga sgomberato lasciando un vuoto che nessuna colata di cemento potrà riempire.
La retorica dei sovversivi dell’ordine democratico mira a ridurre le persone al silenzio, inermi, recluse in casa per paura del diverso, dello straniero, dell’immigrato spacciatore ladro e stupratore. Ieri i neri e i clandestini, oggi gli antifascisti, gli anarchici. In perfetta continuità con il passato, le risposte ai bisogni dettati dal disagio abitativo, dalla disoccupazione, dalla povertà, sono le cariche e i manganelli.
Le radici antifasciste della nostra democrazia sono minate oggi da anni di politiche liberticide e di equidistanza. Anni di equiparazione tra ideologia fascista e comunismo, tra lotta partigiana e repubblichini. Politiche portate avanti anche dai partiti del centrosinistra che oggi si dichiarano antifascisti, ma continuano a dipingere come antagonista e violenta qualunque forma di opposizione sociale in questo Paese. È quindi necessario tenere gli occhi ben aperti e mobilitarsi per difendere la nostra democrazia nata dalla resistenza. Anche perché, contemporaneamente, fascisti e razzisti vecchi e nuovi trovano oggi agibilità politica e legittimità nel propugnare i loro contenuti di odio e intolleranza.
I compagni di Torino sono accusati di resistenza, porto d’armi, lesioni, devastazione e saccheggio. Ma la loro colpa è piuttosto quella di essere antifascisti, di sognare un paese migliore e di lottare ogni giorno al fine di riconquistare quei pezzi di libertà che in nome della sicurezza ci hanno tolto.
È di poche ore fa la notizia che solo una parte degli arresti non sono stati convalidati.
Reclamiamo la liberazione di tutte e tutti i “prigionieri” ed esprimiamo la nostra solidarietà agli indagati, consapevoli che oggi, ancor più di ieri, toccano uno per colpire tutti. Non restare in silenzio è il primo passo per dimostrare che non siamo disposti ad accettare alcun ricatto.
Tutte libere, tutti liberi.