L’emergenza sanitaria a livello globale che da diverse settimane ha coinvolto anche l’Italia e che, inevitabilmente, è ricaduta anche sulla città di Roma, ci impone delle riflessioni sul nostro agire quotidiano come comunità politica e sociale che vede attraversare il nostro spazio da decine di persone ogni giorno. Lontani dal voler legittimare in toto l’alone contraddittorio e surreale che le tante ordinanze stanno imponendo nelle vite quotidiane, non ci sentiamo nemmeno di far finta di niente e continuare come se nulla fosse. Come già comunicato ieri sera, ci sentiamo tutte e tutti coinvolti in un processo che ci porti a rispondere alla chiusura imposta tout court, con l’apertura di uno spazio di confronto, di discussione e di “responsabile incontro” in cui definire insieme, passo dopo passo, il nostro divenire come collettività.
Allo stato di eccezione che la tenebrosa parola “epidemia” porta con sé, rispondiamo con la necessità di aprire un dibattito concreto su come contribuire fattivamente a ridurre il propagare delle tante piccole epidemie – da quella sanitaria a quella cognitiva- che il Covid-19 sta alimentando. Non bisogna aver paura di dire che trovare strategie comuni per contribuire alla riduzione della circolazione del virus non è sinonimo di essere asserviti ad una eccezione giuridica volta a disciplinare la società, ma, al contrario, percepire che praticare ed autogestire buon senso contro il nonsense di una salute pubblica, già di per sé al collasso, può essere efficace nella limitazione dei danni che questa surreale situazione sta comportando.
Ogni giorno, nella nostra esistenza politica, lottiamo contro misure governative che impongono modelli sociali lontani dal mondo che vorremmo, provando a costruire anticorpi efficaci che trovano nelle parole responsabilità, collettività, e pensiero critico la loro linfa vitale. Per noi, quindi, non tutto è uguale a tutto.
Non abbiamo paura di dire che di fronte ad un sistema sanitario già gravemente indebolito a suon di tagli, esternalizzazioni, privatizzazione ed aziendalizzazione, la nostra responsabilità collettiva è quella di contribuire alla tutela di tutti, interrogandoci sulla rimodulazione delle attività dello spazio come pratica percorribile ed opportuna. Cosi come non abbiamo paura di dire che questa situazione fa esacerbare vecchie contraddizioni per cui la richiesta di maggior disciplina e consapevolezza sociale è anche frutto di un voluto depotenziamento della sanità pubblica che ha visto perdere dal 2010, solo nella nostra regione, 16 ospedali, il 14% del personale e 3.600 posti letto. Che ci si ricorda della condizione di precarietà in cui lavorano i ricercatori e le ricercatrici in Italia non solo nelle emergenze. Che in Lombardia la legittima requisizione della strutture private si sta attuando attraverso torbide relazioni che potrebbero essere occasione di incrementare il profitto della sanità privata.
E vogliamo dare un segnale anche per denunciare il fatto che, come al solito, ciò che è sacrificabile é dettato dalla logica del mercato. Per cui si blocca la cultura, il sociale, la scuola, le manifestazioni di ogni tipo, il diritto di scioperare, ma negozi, centri commerciali, bar e ristorazione, posti di lavoro in generale restano aperti senza criterio e senza misure di sostegno per i precari e le precarie e le famiglie che avranno i bambini a casa, mentre si parla di prolungare addirittura fino a 40 giorni la chiusura delle scuole.Lo stato di eccezione e la responsabilità valgono sempre e solo per qualcuno, mai per il mercato. Mentre questo, come hanno già detto anche altri, sarebbe il momento giusto per proporre l’allargamento permanente delle maglie di un reddito di cittadinanza che tuteli davvero le persone e non solo le imprese.
Nelle ultime settimane e ancora in questi giorni siamo stati bombardati da un’informazione main stream distorta, a tratti folle e mistificatoria, che ha portato a reazioni estreme o ad essere talmente tanto poco credibile, che le persone hanno smesso di informarsi, di comprendere e di attivarsi responsabilmente. Un’informazione e una classe politica che ha stigmatizzato un problema sanitario, trasformandolo in un problema sociale il cui effetto é quello di gettare le basi della discriminazione, dell’ indivisualismo e dell’ignoranza.
Su queste riflessioni appena accennate ci ripromettiamo di tornare nei prossimi giorni, perché questo sia anche un momento dedicato all’elaborazione e al ragionamento lucido su quanto accade attorno a noi.
Dalle dinamiche economiche, a quelle geopolitiche, al dramma che si consuma ai confini tra Grecia e Turchia, sulla pelle di migliaia di persone, in fuga dalla guerra e dalla fame, usate da Erdogan per ricattare l’Europa, per i suoi biechi interessi.
Persone respinte in modo collettivo da uno dei paesi dell’Unione la quale appoggia, sostiene e finanzia il governo greco affinché violi spudoratamente i più elementari diritti umani e tutti i più importanti accordi in materia di protezione internazionale. Nel delirio collettivo che lo stato di eccezione produce salta ogni parametro ed è legittimo superare ogni limite: la violenza che abbiamo visto in questi giorni nella chiusura dei confini e nei respingimenti delle persone, delinea una precisa richiesta della UE oggi messa in pratica dal governo greco ma che domani riguarderà direttamente noi. Se oggi, confusi dall’ emergenza virus, perdiamo la nostra capacità di analisi di quanto accade proprio in virtù della stessa emergenza, non saremo in grado di rispondere quando sarà il momento.
E allora le nostre riflessioni collettive ci hanno portato a valutare che oggi tutto il nostro impegno deve essere concentrato nel proporre coesione e non nel contribuire a diffondere paura.
Quello che abbiamo capito è che non si tratta di una semplice influenza e che siamo tutte e tutti chiamati ad assumerci una responsabilità collettiva per impedire che la situazione divenga più grave. Vogliamo farlo per i bambini e le bambine che quotidianamente vivono e attraversano lo spazio, per le loro famiglie, e per tutte e tutti noi che quotidianamente viviamo le contraddizioni di questo sistema perverso anche nell’emergenza.
Allo stesso tempo non vogliamo autoisolarci, privarci della socialità che faticosamente ci siamo conquistati e che rivendichiamo da sempre! Per questo il cancello rosso di Acrobax nelle prossime settimane rimarrà aperto per tutte e tutti!