La celebre frase di “Un Americano a Roma”, del ’54, racchiudeva una discreta distanza dal modello culturale che arrivava dagli Stati Uniti, una naturale resistenza culturale delle radici di un mondo ancora tutto sommato legato alla tradizione contadina italiana; a breve, quel mondo e quelle relazioni avrebbero conosciuto il boom economico e le grandi migrazioni dalle campagne alle città.
Quella grande epopea avrebbe prodotto una cesura con una tradizione e un tradizionalismo del nostro paese, ma anche un’ondata di grandi lotte per conquistare nuovi diritti.
Oggi quella stessa tradizione viene recuperata e messa in produzione da nuovi modelli, come EXPO o Eataly, copie l’una dell’altra, dove precarietà del lavoro e speculazione sulla cultura enogastronomica divengono i simboli di un processo di sfruttamento generalizzato, tanto dei nostri territori quanto delle nostre vite.
In tutta Italia quel modello fa scuola e si riproduce: dal JobsAct, con la sua istituzionalizzazione promossa e voluta dal Governo Renzi, all’esposizione mondiale di Milano, con la quale si produce una vera e propria campagna di massa per promuovere e praticare quel modello e la sua narrazione tossica.
In vista delle giornate di mobilitazione del 1 maggio a milano, durante l’inaugurazione di EXPO 2015, affrontiamo questi temi con:
-Abo (Lab.Offtopic_rete NoExpo)
-Wolf bukowski (autore del libro “La danza delle mozzarelle” )
-Francesco Raparelli (Clap)
-Samir Hassan (Freelance)